Arriva il secondo numero dell’anno 2020: Grandangolo puntato sulla pandemia. Non vogliamo enfatizzarla, ma per capire cosa sia accaduto, per comprendere come l’abbiamo affrontato e per darci misura di quello che è stato nella nostra pratica clinica, proponiamo a riguardo alcune letture consigliate.
In questo numero troverete come sempre le novità scientifiche più salienti degli ultimi sei mesi.
Buona lettura!
La linfoistiocitosi emofagocitica primaria è una sindrome rara caratterizzata da disregolazione immunitaria e iper-infiammazione. Si manifesta tipicamente nell'infanzia ed è associata ad alta mortalità. Nessun farmaco è stato approvato per la linfoistiocitosi emofagocitica, ma i glucocorticoidi e l'etoposide, con o senza ciclosporina, studiati dalla Histiocyte Society sono diventati la terapia convenzionale. Evidenze scientifiche crescenti forniscono supporto per il ruolo fondamentale nella patogenesi dell'interferone (IFN)-γ nella linfoistiocitosi emofagocitica. Livelli elevati di IFN-γ nei pazienti con questa sindrome corrispondono a malattia attiva, e la sua neutralizzazione nei modelli di linfoistiocitosi emofagocitica nei topi ha permesso alla maggior parte di questi ultimi di sopravvivere, riducendo i segni e i sintomi, o entrambi. Emapalumab è un anticorpo IgG1 anti-IFN-γ monoclonale, completamente umano, che si lega all'IFN-γ libero e legato al recettore (inibendo la dimerizzazione del recettore e trasduzione del segnale dell'IFN-γ) e neutralizza la sua attività biologica. In questo lavoro gli autori hanno testato prospetticamente la sicurezza e l'efficacia di dosi multiple ev di emapalumab in pazienti con linfoistiocitosi emofagocitica primaria.
I pazienti con linfoma mantellare recidivato-refrattario (RR), che presentano una progressione di malattia durante o dopo la terapia con un inibitore della tirosin-chinasi di Bruton (BTK), hanno una prognosi sfavorevole. KTE-X19 è una terapia con cellule CAR T anti-CD19 in grado di rimuove le cellule maligne circolanti che esprimono CD19, per l'uso in pazienti con leucemia o linfoma mantellare. Gli autori hanno avviato lo studio di fase II ZUMA-2 a gruppo singolo, multicentrico, in aperto, per valutare KTE-X19 nei pazienti con linfoma mantellare RR.
Lisocabtagene maraleucel (liso-cel) è un prodotto chimerico a cellule T autologo, dell'antigene diretto contro CD19. In questo studio gli autori hanno voluto valutare l'attività e la sicurezza di liso-cel in pazienti con linfoma a grandi cellule B recidivato-refrattario (RR).
La trombocitemia essenziale (ET) è caratterizzata da disfunzioni della megacariopoiesi e da aumento del rischio trombotico. La trombosi, in particolare la trombosi arteriosa, è una delle principali cause di morbilità e mortalità nell'ET. I pazienti con la mutazione JAK2 V617F, gli individui più anziani e quelli con altri fattori di rischio cardiovascolare sono particolarmente a rischio. L'aspirina a basso dosaggio una volta al giorno è il regime antitrombotico raccomandato, ma la produzione accelerata di piastrine può ridurre la durata dell'inibizione della ciclossigenasi-1 (COX-1) piastrinica. La maggior parte dei pazienti con ET che sono stati trattati con aspirina a basso dosaggio una volta al giorno mostra un'inibizione piastrinica incompleta. La domanda più critica è se una migliore soppressione della sintesi di trombossano si traduca in un beneficio clinico. I risultati iniziali di questo studio randomizzato e in doppio cieco sui regimi di aspirina nella ET (ARES) sono un primo passo importante in questa direzione.
I pazienti più anziani affetti da leucemia mieloide acuta (AML) hanno una prognosi infausta, anche dopo il trattamento con un agente ipometilante. L'aggiunta dell’inibitore di BCL-2 venetoclax all’azacitidina ha confermato la sua efficacia nello studio di fase III VIALE-A, dimostrando un incremento dell’overall survival (OS) rispetto al trattamento con solo ipometilante.
La malattia acuta del trapianto contro l'ospite (GvHD) rimane una delle principali problematiche del trapianto allogenico di cellule staminali. I risultati dello studio di fase III REACH-2, pubblicato sul New England Journal of Medicine, hanno confermato i dati di efficacia di ruxolitinib, inibitore selettivo della Janus chinasi (JAK1 e JAK2), nel trattamento della GvHD acuta refrattaria ai glucocorticoidi.
I pazienti con leucemia mieloide acuta (AML) con mutazione internal tandem duplication nel FMS-like tyrosine kinase 3 gene (FLT3-ITD) mantengono una prognosi sfavorevole anche dopo essere stati sottoposti a trapianto allogenico di cellule staminali ematopoietiche (HCT) con elevato rischio di recidiva. Sul Journal of Clinical Oncology sono stati pubblicati i risultati dello studio SORMAIN, disegnato per valutare se l’inibitore di FLT3 sorafenib, somministrato come terapia di mantenimento dopo HCT, possa ridurre tale rischio.
L'amiloidosi sistemica AL è caratterizzata dalla produzione di catene leggere di immunoglobuline anomale da parte di un clone plasmacellulare. Catene leggere libere anomale (FLC) formano proteine tossiche mal ripiegate che si aggregano e si depositano come fibrille insolubili negli organi bersaglio, portando a disfunzioni d'organo e, infine, alla morte. Non esistono trattamenti consolidati per l'amiloidosi sistemica AL recidivata-refrattaria (RR). La bendamustina ha mostrato potenzialità nel trattamento del mieloma multiplo. Gli autori hanno condotto uno studio multicentrico di fase II per valutare l'efficacia e la sicurezza di bendamustina con desametasone (ben-dex) in pazienti con amiloidosi AL persistente o progressiva dopo una o più terapie precedenti.
L’esposizione a lenalidomide e bortezomib in prima linea sta determinando una crescente necessità di nuovi trattamenti per i pazienti con mieloma multiplo recidivato-refrattario (RR). In uno studio di fase I, carfilzomib in combinazione con daratumumab ha mostrato un'efficacia sostanziale e un buon profilo di tollerabilità nel mieloma multiplo RR. Dimopoulos e colleghi hanno recentemente pubblicato i risultati dello studio di fase III CANDOR, che ha confrontato l'efficacia e la sicurezza di carfilzomib, desametasone e daratumumab rispetto a carfilzomib e desametasone in questo setting di pazienti.
Il trattamento con lenalidomide, bortezomib e desametasone (RVd) e il trapianto autologo di cellule staminali (ASCT) rappresentano la terapia standard di prima linea per i pazienti eleggibili al trapianto con mieloma multiplo di nuova diagnosi (NDMM). Lo studio GRIFFIN ha valutato l'aggiunta di daratumumab (D) a RVd (D-RVd) in pazienti NDMM idonei al trapianto.
Da 30 anni la terapia standard di prima linea della leucemia a cellule capellute (HCL) è rappresentata dalla somministrazione di un analogo della purina in monoterapia, solitamente la cladribina. I tassi di remissione completa (CR) sono elevati, ma spesso si ha persistenza di malattia minima residua (MRD) che porta a ricadute e a necessità di trattamenti ripetuti. La terapia con rituximab può negativizzare la MRD, ma i risultati a lungo termine non sono noti e non è definita la tempistica ottimale di somministrazione del monoclonale. Chihara e colleghi hanno condotto uno studio di fase II per definire il miglior timing di somministrazione di rituximab.
L'inibizione irreversibile della tirosin-chinasi di Bruton (BTK) da parte di ibrutinib rappresenta un importante progresso terapeutico per il trattamento della leucemia linfocitica cronica (CLL). Tuttavia, ibrutinib inibisce anche irreversibilmente bersagli chinasici alternativi, che potenzialmente compromettono il suo indice terapeutico. Acalabrutinib (ACP-196) è un inibitore della BTK più selettivo e irreversibile, specificamente progettato per migliorare la sicurezza e l'efficacia degli inibitori della BTK di prima generazione. In questo studio di fase III, multicentrico, randomizzato, in aperto, acalabrutinib è stato testato in monoterapia in pazienti con CLL recidivata-refrattaria (RR) vs un trattamento standard con immunochemioterapia o con inibitore di PI3K abbinato all’anti CD20, al fine di stabilirne la reale efficacia nei pazienti pretrattati.
Le cellule chimeriche del recettore dell'antigene T (CAR T) hanno mostrato un'attività drammatica in un piccolo numero di pazienti con leucemia linfatica cronica recidivata-refrattaria (CLL RR), con diversi pazienti ancora in remissione otto anni dopo l'infusione. In uno studio precedente gli sperimentatori hanno trattato 14 pazienti affetti da CLL RR con una mediana di 1,6x106 (range 0,14–11x106) cellule geneticamente modificate e hanno osservato un tasso di risposta globale (ORR) del 57%, comprese quattro risposte complete (CR) e quattro risposte parziali (PR). In quella piccola coorte non c'era evidente relazione tra dose e risposta o tossicità. Per determinare una dose cellulare ottimale per studi futuri, gli stessi autori hanno eseguito uno studio prospettico, randomizzato, di fase II, di due dosi di CAR T anti-CD19 (CAR T-19) in pazienti con CLL RR. Di seguito vengono riportati i risultati a lungo termine.
Passamonti F, et al.
Clinical characteristics and risk factors associated with COVID-19 severity in patients with haematological malignancies in Italy: A retrospective, multicentre, cohort study.
Lancet Haematol 2020; 7: e737–e745
Lennard YW, et al.
COVID-19 mortality in patients with cancer on chemotherapy or other anticancer treatments: A prospective cohort study.
Lancet 2020; 395: 1919–1926
Kuderer NM, et al.
Clinical impact of COVID-19 on patients with cancer (CCC19): A cohort study.
Lancet 2020; 395: 1907–1918