La terapia cellulare con linfociti T modificati per esprimere il recettore antigenico chimerico (CAR) anti-CD19 ha dimostrato notevole efficacia clinica nei tumori a cellule B. Tuttavia, vi sono ancora alcune difficoltà nell’applicazione su larga scala di questi trattamenti, rappresentate sia dalla complessità di realizzazione di questi prodotti cellulari, sia dagli effetti tossici sostanziali da loro indotti, in primis la sindrome da rilascio citochinico e la neurotossicità. In questo lavoro gli sperimentatori presentano i dati di efficacia di un prodotto cellulare di cellule natural killer (NK) che sono state modificate per esprimere un CAR anti-CD19 e che hanno il potenziale per superare le due principali tossicità.
Il riarrangiamento MYC (MYC-R) si verifica in circa il 10% dei linfomi diffusi a grandi cellule B (DLBCL) e molti studi hanno evidenziato come la sua presenza sia associata a prognosi sfavorevole. L'impatto di MYC-R sulla prognosi potrebbe essere influenzato dal gene partner MYC (immunoglobulina [IG] o un gene non IG). In questo lavoro gli Autori hanno riportato i risultati di un’analisi eseguita su una vasta coorte di pazienti attraverso il consorzio Lunenburg Lymphoma Biomarker per convalidare il significato prognostico negativo di MYC-R (stato di singolo, doppio e triplo colpo) nel DLBCL in correlazione al gene partner MYC.
La terapia con cellule T del recettore dell'antigene chimerico anti-CD19 tisagenlecleucel (CTL019) ha un tasso di risposta dell'81% nei bambini con leucemia linfoblastica acuta (ALL) a cellule B recidivante o refrattaria alla chemioterapia (R/R). La sindrome da rilascio di citochine (CRS) è una tossicità correlata al trattamento potenzialmente letale che limita il pieno potenziale terapeutico negli adulti. Segnaliamo i risultati per gli adulti con ALL R/R trattati con un dosaggio CTL019 ottimizzato e una strategia di gestione della CRS.
Lo schema immunochemioterapico R-CHOP (rituximab più ciclofosfamide, doxorubicina, vincristina e prednisone) per sei cicli rappresenta il trattamento standard per il linfoma non Hodgkin a cellule B aggressivo (DLBCL). Nello studio FLYER, gli Autori hanno valutato se quattro cicli di chemioterapia CHOP più sei applicazioni di rituximab fossero efficaci come sei cicli di R-CHOP in una popolazione di pazienti con linfoma non Hodgkin a cellule B a prognosi favorevole secondo lo score prognostico IPI.
Il linfoma a cellule B primitivo del mediastino (PMBL) rappresenta un’entità rara caratterizzata da una natura aggressiva e una particolare prognosi infausta nei pazienti con malattia in recidiva o refrattaria (R/R). PMBL è caratterizzato dall'alta espressione del ligando programmed death (PD)-1 e dall'espressione variabile di CD30. Nivolumab, un inibitore del checkpoint immunitario PD-1, e brentuximab vedotin (BV), un anticorpo coniugato farmaco anti-CD30, potrebbero pertanto avere attività sinergica nel PMBL nel contesto della malattia R/R.
Il trattamento a modalità combinata (CMT) con 2 × ABVD (doxorubicina, bleomicina, vinblastina e dacarbazina) e la radioterapia a campo limitato rappresenta lo standard di cura per i pazienti con linfoma di Hodgkin (HL) in fase iniziale favorevole. Tuttavia, il ruolo della radioterapia è stato messo in discussione. La tomografia a emissione di positroni (PET) dopo 2 × ABVD (PET-2) potrebbe aiutare a prevedere i risultati individuali e guidare il trattamento.
Luspatercept è il capostipite di una classe di farmaci stimolanti l’eritropoiesi che si lega trasformando i ligandi della superfamiglia del fattore di crescita β per ridurre la segnalazione di SMAD2 e SMAD3, e contribuisce al ripristino della maturazione delle cellule ematopoietiche e alla produzione dei globuli rossi. La molecola ha mostrato risultati promettenti in uno studio di fase 2. MEDALIST è uno studio di fase 3 ideato per testare l’efficacia di luspatercept nei pazienti con anemia associata a sindrome mielodisplastica (MDS) con sideroblasti ad anello, a basso rischio, trasfusione-dipendenti per fallimento, intolleranza o ineleggibilità a terapia con agenti stimolanti l'eritropoiesi. I risultati dello studio sono stati recentemente pubblicati sul NEJM.
Nonostante gli enormi successi terapeutici ottenuti nella cura della leucemia mieloide cronica (LMC) dopo l’introduzione degli inibitori delle tirosin-chinasi (TKI), circa il 20% dei pazienti trattati con imatinib e il 15% dei pazienti trattati con TKI di seconda generazione sviluppano resistenza e/o grave intolleranza al trattamento. Questo rende necessario individuare inibitori più selettivi ed efficaci.
Asciminib è un inibitore allosterico che lega un sito miristolico della proteina BCR-ABL1, bloccando BCR-ABL1 in una conformazione inattiva attraverso un meccanismo distinto da quelli per tutti gli altri inibitori disponibili che si legano al sito dell’ATP di ABL. Asciminib ha come target BCR-ABL1 sia nativo sia mutato, ed è attivo nei pazienti con mutazioni, compresa la T315I.
Hughes e coll. hanno pubblicato da poco sul NEJM i risultati relativi alla sicurezza e all’attività antileucemica di asciminib nei pazienti con LMC Ph+.
I pazienti con leucemia mieloide acuta (LMA) recidivante o refrattaria con mutazioni di FLT3 (gene tirosina chinasi FMS-like), raramente ottengono una risposta con la chemioterapia di salvataggio. Gilteritinib è un potente inibitore selettivo di FLT3 ad assunzione orale, che negli studi di fase 1-2 si è dimostrato attivo in monoterapia nella LMA FLT3-mutata recidivante o refrattaria. Gli interessanti risultati nello studio ADMIRAL che ha confrontato l’attività dell’inibitore con il trattamento standard sono stati pubblicati dal NEJM.
Isatuximab è un anticorpo monoclonale che lega un epitopo specifico sul recettore CD38 umano e ha attività antitumorale attraverso molteplici meccanismi d'azione. In un precedente studio di fase 1b, circa il 65% dei pazienti con mieloma multiplo recidivante e refrattario ha ottenuto una risposta globale con una combinazione di isatuximab con pomalidomide e desametasone a basso dosaggio. Lo scopo di questo studio era di determinare il beneficio di sopravvivenza libera da progressione di isatuximab più pomalidomide e desametasone rispetto a pomalidomide e desametasone in pazienti con mieloma multiplo recidivante e refrattario.
Belantamab mafodotin (GSK2857916) è un anticorpo monoclonale anti-IgG1 umanizzato diretto contro l'antigene di maturazione delle cellule B (BCMA) coniugato a monometil auristatina-F, che ha mostrato attività come single agent nello studio di fase 1 DREAMM-1 in pazienti pesantemente pre-trattati con mieloma multiplo (MM) recidivante o refrattario. Lo studio DREAMM-2 ha approfondito ulteriormente la sicurezza e l'attività di belantamab mafodotin. Gli interessanti risultati dello studio sono stati pubblicati da Lonial su Lancet Oncology.
Il mieloma provoca immunodeficienza profonda e infezioni ricorrenti e gravi. Nel Regno Unito vengono diagnosticati circa 5500 nuovi casi di mieloma all'anno e un quarto dei pazienti sviluppa un'infezione grave entro tre mesi dalla diagnosi. Lo studio TEAMM è stato disegnato per valutare se i pazienti con nuova diagnosi di mieloma possano trarre beneficio dalla profilassi antibiotica e per valutare l’impatto della profilassi sull’insorgenza di antibiotico-resistenza e sull’incidenza di infezioni associate all'assistenza sanitaria.