L'inibizione irreversibile della tirosin chinasi di Bruton (BTK) attraverso il farmaco ibrutinib rappresenta un'importate conquista terapeutica nel trattamento della leucemia linfatica cronica (LLC). A fronte di un'efficacia confermata universalmente, ibrutinib non è scevro da tossicità dovute alla sua azione inibitrice di altre chinasi, che potenzialmente compromettono il suo indice terapeutico. Acalabrutinib (ACP-196) è un nuovo inibitore di BTK più selettivo che è stato specificatamente disegnato per migliorare il profilo di sicurezza e di efficacia degli inibitori di prima generazione con capostipite ibrutinib.
La leucemia linfatica cronica (LLC) è una patologia che primariamente colpisce una popolazione anziana di pazienti, spesso coesistono comorbidità che si sommano allo stato di immunodeficienza e mielosoppressione tipici della malattia. In questo lavoro gli Autori hanno condotto un trial clinico internazionale di fase III comparando in aperto due agenti orali: ibrutinib e clorambucile, in pazienti naïve affetti da LLC o da linfoma a piccoli linfociti (SLL).
Una delle maggiori critiche al trial, esternate anche durante l'ultimo ASH, è stata la scelta di clorambucile come trattamento standard di prima linea per pazienti con BLLC che come noto oggi non è più accettabile. Gli Autori si sono giustificati dicendo che al momento del disegno dello studio negli Stati Uniti lo standard per il paziente anziano con comorbidità era rappresentato dal solo clorambucile.
Nel corso degli ultimi tre anni sono stati messi a punto nuovi farmaci di comprovata efficacia nel trattamento dei pazienti con leucemia linfatica cronica (LLC) in recidiva di malattia, ma l’ottenimento di una risposta completa rimane un evento non comune. Il farmaco venetoclax ha un meccanismo d’azione peculiare; infatti ha come bersaglio la proteina antiapoptotica BCL2, che come noto ha un ruolo centrale nella sopravvivenza del clone leucemico della LLC.
La terapia di mantenimento con rituximab ha dimostrato di migliorare la PFS dei pazienti con linfoma follicolare; lo studio PRIMA prevedeva un periodo di mantenimento pari a 24 mesi e con tale durata è stata permessa anche nel nostro Paese la prescrivibilità di rituximab per la prima linea per un totale di 12 dosi e di 8 nei pazienti trattati in seconda linea. Gli Autori del presente manoscritto affermano che la durata ottimale del mantenimento non è stata ancora definita.
Bortezomib e desametasone è un’opzione di trattamento standard nel mieloma multiplo recidivato refrattario (MM rec/ref). La combinazione carfilzomib-desametasone ha mostrato un’attività promettente in questo setting di pazienti.
Lancet Oncology ha riportato i risultati dello studio di fase III disegnato per paragonare l’attività di carfilzomib-desametasone rispetto a bortezomib-desametasone in pazienti affetti da MM rec/ref che abbiano ricevuto da 1 a 3 trattamenti precedenti.
La chemioterapia ad alte dosi con supporto di cellule staminali autologhe (ASCT) rappresenta l’approccio standard nei pazienti con nuova diagnosi di mieloma multiplo (MM) candidabili a trapianto. In questo lavoro gli Autori hanno voluto riportare i risultati di un trial molto audace che voleva rispondere a due fondamentali quesiti: se il trattamento di consolidamento con lenalidomide fosse altrettanto efficace come la chemioterapia ad alte dosi e quale regime di mantenimento fosse più vantaggioso. Singolo agente o lenalidomide associata a steroide.
La graft versus host disease cronica (cGVHD) è la principale causa di morte e comporta un aumento della morbilità e un peggioramento della qualità della vita dopo il trapianto allogenico di cellule staminali emopoietiche.
Partendo dall’ipotesi che l’impiego del siero antilinfocitario (ATG) nel regime di condizionamento nei pazienti affetti da leucemia acuta possa determinare una riduzione significativa della cGVHD a due anni dal trapianto allogenico con cellule staminali periferiche da un donatore familiare HLA identico, gli sperimentatori hanno disegnato uno studio di fase III volto a valutare l’impatto dell’ATG in questo subset di pazienti. I risultati dello studio sono stati pubblicati dal NEJM.
Il regime di condizionamento mieloablativo standard per pazienti con leucemia mieloide acuta di età inferiore a 40 anni è associato sostanzialmente a una mortalità non legata a recidiva. Dal momento che lo schema di combinazione busulfano-fludarabina è stato proposto come alternativa per ridurre la mortalità non legata a recidiva, gli Autori del presente lavoro hanno voluto comparare quest’ultimo schema di terapia a un trattamento di condizionamento con busulfano-ciclofosfamide in questo setting di pazienti.
Attualmente la decisione del trattamento si basa su un numero limitato di marcatori molecolari e sulla valutazione della risposta valutata su base morfologica.
Ad oggi in presenza di un rischio stimato di recidiva maggiore del 35% viene data indicazione al trapianto allogenico in prima remissione completa. Ci sono dubbi in merito all’indicazione alle procedure trapiantologiche in presenza di citogenetica a rischio standard, riscontrata in circa il 50% dei pazienti giovani. La lesione molecolare più comune in questo subset di pazienti è la mutazione del gene codificante per la nucleofosmina (NPM1).
Partendo dal presupposto che l’identificazione della persistenza di malattia minima residua (MRD) in pazienti altrimenti considerati in remissione attraverso l’utilizzo di markers leucemia-specifici come la mutazione nel gene codificante la nucleofosmina (NPM1), potrebbe migliorare la prognosi, gli Autori hanno correlato il profilo molecolare pre-trattamento e post-trattamento in pazienti in prima linea di trattamento inclusi nel protocollo AML17.
I corticosteroidi sono la prima linea di trattamento standard delle piastrinopenie immuni (ITP) dell’adulto, ad oggi nessuno studio aveva posto a confronto dosi standard di prednisone (PDN) con desametasone pulsato ad alte dosi (HD-DXM). La terapia con HD-DXM pulsato limita gli effetti collaterali correlati all’assunzione continuativa di prednisone. Su Blood Wei e colleghi hanno riportato i risultati del primo studio randomizzato disegnato per confrontare l’efficacia e la sicurezza di HD-DXM verso il prednisone in prima linea.
La porpora trombotica trombocitopenica (PTT) acquisita è caratterizzata dall’aggregazione delle piastrine indotta dai multimeri ultra-larghi del fattore von Willebrand (vWF), con la conseguente formazione di trombosi sistemica nel microcircolo, anemia emolitica, piastrinopenia e ischemia multiorgano con elevata incidenza di complicanze potenzialmente fatali. La patologia è provocata dal deficit severo di ADAMTS13, in presenza di autoanticorpi inibitori. Il trattamento che consente di ottenere la remissione è basato sullo scambio plasmatico quotidiano associato a terapie immunosoppressive (steroide e rituximab) ma la mortalità ad oggi rimane alta.
Sul NEJM sono riportati i risultati del trial clinico di fase II TITAN, condotto da Peyvandi e colleghi per valutare l’attività dell’anti vWF caplacizumab.
È noto che i lungo-sopravviventi dopo un linfoma di Hodgkin (LH) hanno un rischio aumentato di sviluppare secondi tumori, non è noto quale sia l’incidenza di neoplasie secondarie in seguito all’introduzione a partire dal 1980 di trattamenti chemioterapici meno tossici e della limitazione dell’ottimizzazione della radioterapia.
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Acalabrutinib for relapsed chronic lymphocytic leukaemia
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Second cancers after treatment for Hodgkin’s lymphoma - Continuing cause for concern
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Minimal residual disease in NPM1-mutated AML
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Hematologic malignancies in pregnancy: Management Guidelines from an International Consensus Meeting
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